«Io sono la vostra coscienza e questo è il racconto di quello che sono stato e di quello che avrei voluto essere...».

È con queste parole che l’autore si congeda da noi lasciando nell’aria un’aspettativa carica di speranze.

Ma dopo aver chiuso il libro, dopo averci riflettuto sopra analizzando quanto letto, ci accorgiamo che queste speranze non hanno ragione di essere tali, perché la visione che l’opera ci regala non è quella di un mondo positivo ma soltanto di un mondo sospeso, che non riuscendo a evolversi finisce con il rimanere impantanato nel proprio sudiciume. E il protagonista, che a volte ama e a volte odia, che da eroe positivo diventa uno spietato assassino e poi ritorna indietro per farci la morale, è solo uno specchio discutibile dei nostri tempi.

Ma la domanda che ci poniamo è una sola: «Perché», ci chiediamo, «pur sapendo di non avere aspettative, alcuni di noi cercano di rifugiarsi nelle pagine di un romanzo come questo, e lì dimenticare i propri problemi e le proprie paure, inseguendo nelle parole di uno sconosciuto quel po’ di conforto che non sono riusciti a trovare nel mondo reale, sentendosi partecipi con lui anche sulle questioni più discutibili e divertendosi nelle situazioni più assurde?».

Solo per paura di vivere la propria vita e di esporsi al giudizio degli altri... solo per questo. E per il timore di perdere la faccia.

 

 

Il romanzo è acuto e accattivante, ricco di spunti di coinvolgimento e di riflessioni interessanti che richiamano al confronto diretto.

Ingranaggi ben combinati stuzzicano la logica, innescano meccanismi, fanno insorgere stati d’animo contrastanti e forti.

Il periodare è scorrevole e coinvolgente, mantiene costantemente vivo l’interesse del lettore grazie anche allo stile fluido ed immediato. Il lessico è vario, la sintassi essenziale, i termini utilizzati sono sobri e sempre organizzati mediante il registro linguistico della quotidianità.

Il ritmo è sciolto e snello, il testo si sviluppa con linearità e buona struttura.

Il romanzo, fatto di rimandi alla società del XX secolo, descrive una realtà quasi osservata attraverso uno specchio: la fedele penna dell’autore tutto proteso nel fotografare l’umano vivere quotidiano e i suoi alti e bassi dove ombre e piccoli frammenti di luce fanno da scenario.

Ogni cosa si anima, diviene reale, pervasa da quel bagliore intenso, ingenerato da una narrazione avvincente e suggestiva.

Attacco alla società o riflessione acuta sui giorni nostri, sugli status symbol che ci dominano e tutto quello che fa della nostra cultura uno stereotipo? «Gli americani ci fregano» canta Guccini, e gli italiani? Suggerisce il romanzo…

Amara considerazione sulla collettività, su un «mondo sospeso» dove la coscienza si blocca e non riesce più ad emergere e a delineare i contorni netti di un positivo agire cui l’umanità deve costantemente rapportarsi.

L’uomo osserva, scruta, racconta e pone sotto esame concetti e modus operandi passando sotto il suo vigile vaglio, sensazioni e comportamenti, costruendo e smembrando, sfuggevole e mai pago, anelando nel bene e nel male, come fine ultimo delle sue azioni, al beneficio più prezioso: la propria libertà di creatura perfettibile. Coraggio o determinazione?  Non tutti purtroppo ne sono capaci.

            Il romanzo è compiuto e significativo, fluida e regolare la sua narrazione.